Una certificazione per il lavoro inclusivo per le persone con disabilità in Europa
Che cos’è una UNI PDR
Partendo dalla base, ci sono alcuni temi normati nei paesi dell’Unione Europea che non hanno una norma tecnica di riferimento, che non dà dunque indicazioni su “come” implementare i contenuti della norma ed avere così dei punti di riferimento dai quali partire. Proprio per questo il sistema UNI ha identificato il dispositivo delle “Prassi di riferimento” ovvero delle linee guida, dando in sostanza una prima direzione su temi ancora non trattati altrove o che necessitano di ordine poiché troppo frammentati. Tra i valori espressi dall’UNI abbiamo la sostenibilità e la coerenza, come ente che ascolta i bisogni degli stakeholders e diffonde delle prassi di riferimento super partes, per assicurare con equilibrio quanto diffuso dall’ente stesso.
Perché una norma per l’inclusione delle persone con disabilità nel mondo del lavoro in Europa?
L’Unione Europea riconosce nel lavoro una delle opportunità più importanti per le persone per emanciparsi, raggiungere l’autonomia economica, contrastare la povertà e diminuire le disuguaglianze. Un tale ragionamento è ancora più importante per le persone con disabilità che nell’affrontare queste problematiche si ritrovano a dover combattere contro le barriere culturali, architettoniche, digitali e sensoriali ancora largamente presenti nei paesi dell’UE. Il tema diventa urgente se si tiene conto del fatto che, considerando diverse condizioni, sono quasi 100 milioni le persone inscrivibili nella condizione di disabilità nell’Unione Europea.
Qual è la situazione attuale? Non confortante. Se analizziamo i dati facendo un confronto tra l’indice di persone senza disabilità occupate in Europa e coloro che invece hanno una disabilità, scopriamo che il gap è di oltre il 24% tra coloro che hanno effettivamente un’occupazione. Il dato diventa anche più sconfortante notando che gli stipendi in media, se una persona ha una disabilità, sono anche più bassi rispetto al resto della popolazione. Chiudiamo questa breve fotografia sottolineando che le persone in situazione di povertà in Europa rappresentano il 17% della popolazione, mentre le persone con disabilità nella medesima condizione sono ben il 28%, di conseguenza diventa una vera e propria urgenza assicurare l’opportunità di un reddito e abbattere l’attuale situazione non accettabile nel nostro Continente.
UNI/PdR 159:2024: un primo strumento per fare ordine
La complessità del tema “lavoro” è indiscutibile e ciò si aggrava nel momento in cui viene inserita nella discussione anche la variabile disabilità. Tuttavia per chi scrive è confortante sapere che gli enti di normazione e sistemi come l’UNI riconoscono il problema ed il fatto che siano necessari strumenti e dispositivi per mettere ordine e normare / monitorare / guidare l’inclusione delle persone con disabilità nel mondo del lavoro assicurando l’assenza di discriminazioni, l’opportunità di fornire il medesimo contributo degli altri colleghi e un’integrazione il più possibile naturale delle differenze all’interno dei contesti organizzativi.
Uno strumento in questo senso è stato fornito dall’Uni nel gennaio di quest’anno, con la pubblicazione della UNI/PdR 159.
La prassi contiene alcune linee guida pratiche per favorire l’inclusione delle persone con disabilità nei luoghi di lavoro.
In particolare si concentra sia sulle azioni pratiche sia sulle policy che devono essere messe in campo dall’azienda, dando alle aree aziendali legate alle risorse umane un ruolo fondamentale nella messa a terra del relativo percorso di certificazione legato a questa UNI/PDR. Tra le azioni pratiche troviamo:
- Adeguamento dei luoghi di lavoro attraverso l’abbattimento delle barriere architettoniche e sensoriali: un piano di abbattimento delle barriere a livello strutturale è essenzialmente il primo passo per portare le persone con disabilità in azienda e far sì che possano accedere fisicamente e di conseguenza simbolicamente a tutti gli spazi aziendali. Ad oggi accade spesso che le situazioni nelle aziende siano piuttosto frammentate, con spazi accessibili solamente in parte o in cui vengono abbattute esclusivamente alcune tipologie di barriere, non occupandosi di altre. Poter contare su uno strumento che metta in fila i passi da fare diviene un’opportunità non indifferente
- Abbattimento delle barriere digitali: molto spesso nelle pagine di questo blog parliamo dell’impatto dell’accessibilità per le persone con disabilità. La mission di AccessiWay è proprio quella di abbattere queste barriere. Le persone con disabilità vogliono essere clienti e cittadini, ma vogliono essere anche persone che possono accedere agli strumenti digitali dell’azienda per cui lavorano e la Norma UNI/PDR tiene conto di questo aspetto. Le intranet, i documenti digitali, le interfacce digitali e i gestionali devono essere accessibili per consentire un’inclusione a 360 gradi di lavoratori e lavoratrici con disabilità.
- Policy di lavoro agile e smart working: per valorizzare le differenze e le esigenze umane è fondamentale prevedere della flessibilità e una buona gestione degli spazi e delle ore di lavoro. Pensiamo ad esempio a chi ha necessità di fare cure specifiche o giornaliere. L’orario flessibile e l’opportunità del lavoro da casa possono rappresentare il tassello fondamentale per assicurare un reale contributo delle persone con disabilità o malate all’interno del contesto lavorativo
- Assicurare policy di inserimento eque e in collaborazione con i centri per l’impiego per ottimizzare le risorse già messe in campo dagli stati membri dell’Unione Europea per l’occupabilità delle persone con disabilità
- Valorizzare e sistematizzare figure come il Diversity Manager e il Disability Manager come catalizzatori di buone pratiche e divulgatori di una cultura che deve diventare patrimonio della realtà organizzativa, per assicurare non solo accessibilità ma una reale cultura delle opportunità e delle pluralità
- Formazione: sulla scia della cultura organizzativa inclusiva, un ruolo fondamentale viene dato alla formazione, strumento di ampliamento di pensiero e delle competenze. Molto spesso si ha paura di ciò che non si conosce, attraverso la formazione i lavoratori e lavoratrici di un’azienda avranno maggiori opportunità di interpretare e comprendere le diversità
Come avviene per la messa a terra di altre certificazioni, pensiamo alla UNI/PDR 131 sul turismo, è stata fornita una check-list per monitorare al meglio quanto è stato fatto.
Come avvenuto per molti altri argomenti, l’Europa si è fatta portavoce di innovazione sociale, fornendo uno strumento concreto per procedere nella difficile missione di garantire l’inclusione delle persone con disabilità. Tuttavia per chi scrive c’è il serio rischio che questa rimanga un’operazione circoscritta a poche aziende che desiderano realmente raggiungere un buon livello di impatto sociale, cosa che riguarda innanzitutto la brand reputation ma anche il sempre più importante tema della sostenibilità che, ricordiamo, riguarda anche la sfera sociale. Tali linee guida andrebbero affiancate a fondi e dispositivi dedicati alla loro reale applicazione anche in quelle realtà che non possono avere fondi dedicati a tematiche come l’inclusione: se anche le piccole e medie imprese potessero contare su fondi dedicati, con ogni probabilità questo dispositivo avrebbe una diffusione più capillare. Come avviene per altre sfere riguardanti la disabilità, vengono messi a terra ottimi provvedimenti a livello teorico senza l’affiancamento di dispositivi pratici che consentano la reale e concreta messa a terra delle strategie e delle pratiche richieste per raggiungere l’obiettivo dell’inclusione. Non può essere solo cultura e forza di volontà, ma anche e soprattutto tecnica, accessibilità e pratica. Inoltre sarebbe auspicabile poter contare su un osservatorio unico che possa mettere l’accento sulle buone pratiche attuate da aziende al passo con i tempi, in modo tale che possano fare da esempio per altre realtà, ponendo al centro i beneficiari di tali misure, ovvero i lavoratori e lavoratrici con disabilità.
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